ABZU

Ogni tanto è necessario trovare del tempo per staccare dalla quotidiana frenesia dei nostri tempi, per riuscire a dire stop a quel misto di ansie e agitazioni che oramai sono l’ingrediente fondamentale della ricetta della vita moderna; chi decide di tuffarsi in un buon libro, chi invece preferisce cullarsi tra le dolci melodie di un disco, chi non può fare a meno di riosservare le immagini del proprio passato, io personalmente ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada ABZÛ. In parole povere ho scoperto un’emozione, non più fatta solo di parole, di immagini o di suoni, bensì un prodotto unico e ibrido fra i media, privo di testo, ma ricco di significati. Così come quando ci si immerge completamente nel grande blu e si perde contatto con la realtà entrando in un universo parallelo in cui i suoni del mondo sembrano solo un lontano impasto di note, così mi sono addentrato in questo fantastico mondo.
In fondo al mar
Per chi non avesse ancora sentito parlare di ABZÛ è necessario introdurre il titolo con qualche doveroso chiarimento. Il gioco è un’esperienza multimediale dalla natura fortemente esplorativa contornata da piccoli puzzle. Gli aspetti che rendono unico ABZÛ rispetto ad altri giochi che possono rientrare in questo particolare genere sono, senza dubbio, l’ambientazione sottomarina e l’assenza di qualunque tipo di narrativa scritta. Nella tradizione videoludica i livelli ambientati nelle profondità dei mari sono sempre stati relegati a diversivi, spesso tra l’altro fastidiosi, data la scarsa qualità della realizzazione; stavolta siamo invece di fronte a un gioco interamente immerso in questo contesto, che quindi affina tutte le poche e semplici meccaniche di gameplay per inserirle nel migliore dei modi nel fluido scorrere delle correnti marine. Con il movimento di uno stick possiamo muoverci liberamente mentre con l’altro siamo in grado di spostare la telecamera, totalmente indipendente dai nostri movimenti. Ad aggiungersi ai controlli abbiamo un tasto relativo all’accelerazione delle nostre bracciate e infine un tasto azione, per agire in varia maniera con il mondo che ci circonda. Scrivendo invece della storia, non vi mostreremo in questa sede le premesse per due motivi: il primo, perché nei giochi a forte impronta emozionale è meglio lasciare al lettore il gusto di scoprire da sè ogni sfumatura della narrativa, il secondo, perché non ci sono; mi spiego meglio. Il gioco inizia con noi a filo dell’acqua guidati da una sola indicazione che ci spinge semplicemente a immergerci: solo questo.


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Il resto seguirà con l’avanzare della storia, ma soprattutto con l’avanzare della nostra fantasia, e se anche potessi spingermi oltre nelle considerazioni, magari ne riparlerò in altre occasioni al di fuori di questa recensione, per evitare ogni tipo di rivelazione.
 
In lontananza lo sciabordio delle onde
Fin da subito siamo stati dunque messi di fronte alla meccanica principale del titolo, ovvero quella della scoperta: nessuna introduzione, nessun testo, assolutamente niente. Solo noi davanti a uno sconfinato oceano, accompagnati da una marea di interrogativi destinati a risolversi o a tramutarsi in altri ben più profondi. Durante il corso della vicenda non ci siamo mai trovati con l’ansia di accelerare per dare una soluzione alle nostre incognite, anche perché, parafrasando Alessandro nel poema di Pascoli, siamo “più felici, quanto più cammino ci sarà d’innanzi”.Ogni sezione dell’avventura è scandita da momenti che sono ciclicamente destinati a ripetersi, punti fissi per rassicurare il giocatore che fin da subito deve fare i conti con un’incomprensione di fondo inevitabile. Anche gli enigmi per avanzare nella storia sono semplici e lineari, ma tutti arricchiti da una cornice che è il pulsante ecosistema marino. Delfini, orche e banchi di pesci di ogni tipo colorano le profondità, in alcuni punti diventate oramai, spoglie, tetre, morte con noi unica speranza di rinascita.
Prendiamoci un attimo per meditare
Non per nulla, per innalzare il coinvolgimento già eccelso, abbiamo goduto di una meccanica parallela al titolo, solo all’apparenza fine a se stessa: stiamo parlando della meditazione. Ogni tanto in occasione di determinati punti panoramici potremo meditare mettendoci in ascolto del mondo che ci circonda, divenendo parte di esso. Il nostro punto di vista potrà quindi cambiare in tempo reale e diventare quello dei pesci che popolano le acque di ABZÛ; creature marine, tutte reali e tutte riprodotte nella maniera più fedele, non soltanto nelle forme, ma soprattutto nei comportamenti.Un discorso particolarissimo infatti, va fatto proprio sull’intelligenza artificiale della fauna, questa è riprodotta in maniera talmente realistica da sorprenderci costantemente nelle nostre pinnate tra uno scoglio e l’altro; i pesci piccoli dietro di noi non mancheranno di prendere la nostra scia e seguirci, mentre se sorpresi alle spalle, scapperanno spaventati. Quelli grossi invece potranno essere governati, ma non saranno totalmente in balia dei nostri comandi: il pesce Napoleone varierà la propria traettoria per mangiare i pesciolini sul cammino, mentre una testarda cernia richiederà ben più di uno strattone per riuscire a cambiare direzione. In tutto questo noi saremo lì a voler cercare di capire qualcosa di più sulla storia, ma non potremo fare a meno di fermarci a scoprire le profondità marine che ci circondano. Il tutto per una durata complessiva di circa due ore, quasi raddoppiabili a fronte di un’esplorazione capillare dei vari ambienti di gioco, divisi per capitoli e rigiocabili singolarmente una volta finita l’avventura; forse, purtroppo, troppo breve (non solo per il mero numero di ore), ma di certo intensa e volutamente evanescente. Il turbinio di eventi finali, infatti, è eccessivamente rapido e non riesce a prendere e coinvolgere quanto l’inizio, con passaggi narrativi chiari nei fatti, ma che avrebbero richiesto ancora molto tempo per essere ben digeriti.
Una perla dell’oceano
Artisticamente parlando, il gioco è senza mezzi termini meraviglioso, la direzione artistica è riuscita a cogliere l’essenza dell’esperienza subacquea sia tramite un grazioso cell-shading sia grazie a un lavoro certosino sulla palette cromatica. Ogni capitolo è diverso dall’altro e ogni emozione viene veicolata oltre che dalle forme anche dai colori, con sezioni rilassanti fortemente caratterizzate da blu e verde e altre estremamente tristi segnate da tinte ben più cupi. Il tutto impreziosito da una colonna sonora orchestrale che da sola varrebbe il prezzo del gioco; incalzante nell’incedere, ma eterea nel risultato sempre a strettissimo contatto con la scena a schermo. A muovere tutto l’ecosistema tecnico un Unreal Engine 4, che oltre a permettere grossi passi avanti negli algoritmi di gestione dell’intelligenza artificiale dei pesci, di sicuro all’avanguardia, regala, pur senza grosse pretese su texture e modelli 3D, un risultato visivo, tra effetti di luce, trasparenze e scie, di sicuro impatto.