Death Stranding

Lo diremo da subito: dipende tutto da che cos’è, per voi, un videogioco. Se, quando prendete in mano il controller, vi aspettate puro svago, un passatempo, una sfida, Death Stranding potrebbe non essere quello che fa per voi. Ma se, invece, quando andate al di là dello schermo lo fate per cercare un’esperienza, allora ammainate la vela, perché il nuovo gioco di Hideo Kojima è il porto che stavate cercando. Questo videogioco non è una sfida, ma un viaggio, ed è per questo che sarà — proprio come lasciava intendere da sempre — polarizzante e dicotomico.

Mi chiamo Sam Porter Bridges, faccio consegne

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È la domanda che è circolata di più, su questo gioco: ma Death Stranding è davvero un gioco dove si consegnano pacchi?  La risposta è sì. Ma anche no. Nei panni di Sam Porter Bridges, saremo a tutti gli effetti un corriere chiamato a riunire quel che resta dell’America, sotto il nome di UCA (United Cities of America). Ora che il mondo così come lo conoscevamo non esiste più, ora che le persone vivono ciascuna per sé stessa, sarà il nostro Sam ad avere sulle spalle la responsabilità di attraversare quel che resta della nazione, da est a ovest, per convincere coloro che la abitano a unirsi sotto l’egida delle UCA.

Il lavoro di Sam, che passa effettivamente per il consegnare merci, risorse, cibarie e qualsiasi altra cosa sia necessaria agli abitanti della nostra futura nazione, è in realtà quello di collante, di filo conduttore. Non approfondiremo nessun ulteriore aspetto sulla storia, lasciando ai nostri lettori la totale scoperta di cosa questo significhi.

Che gioco è Death Stranding?

Completare gli incarichi affidati a Sam vi porterà a confrontarvi con l’aspetto più divisivo che troverete in Death Stranding: il suo gameplay. Kojima ha realizzato esattamente il videogioco che aveva in mente, senza curarsi troppo del fatto che i suoi ritmi, le sue camminate e i suoi concetti potessero magari scoraggiare gli appassionati più votati alla frenesia e all’azione. È così che, una volta accettata la consegna in uno dei centri logistici dell’open world, dovrete valutare attentamente il percorso da fare, per decidere che risorse portare con voi.

Quello che è il trionfo delle fetch quest, dal momento che ci sarà sempre un oggetto da portare (o recuperare) da un punto A a un punto B, nasconde in realtà un’interessante componente di pianificazione: considerando che Sam ha un limite di peso trasportabile, dovrete sempre valutare bene quali e quanti equipaggiamenti portare con voi, in base alla vostra meta, e disporli in modo equilibrato sul vostro personaggio, manualmente o in automatico. Recarvi in un’area in pendenza, ad esempio, potrebbe essere più facile portando con voi scale e chiodi da arrampicata. Le consegne, inoltre, spesso si differenzieranno con requisiti specifici, tra carichi che non possono essere inclinati, altri che non possono oscillare, altri ancora che non possono essere immersi e così via, chiedendovi di valutare bene come muovervi per non finire con il danneggiare tutto.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione
Death Stranding: bianco o nero – Recensione
Death Stranding: bianco o nero – Recensione
Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Ad aiutare Sam nel suo percorso c’è anche la possibilità, sbloccabile dopo qualche ora di gioco, di costruire strutture all’interno della mappa. Un fiume troppo ampio e indomito da guadare potrebbe essere superato costruendo un ponte — a patto di aver con sé sufficienti risorse da svilupparlo. Anche in questo caso, però, per costruire delle strutture sarà necessario portare con voi un oggetto apposito, quindi dovrete valutare questa soluzione già quando deciderete cosa caricare sul povero Sam e cosa no.

Sam avrà anche i suoi equipaggiamenti: aumentando il legame con gli abitanti, effettuando per loro consegne, sarà possibile sbloccare progetti, sempre più avanzati, che andranno da stivali più resistenti a veicoli, passando per armi, esoscheletri, un hovercarro e così via. La scelta sarà particolarmente ampia, dandovi ulteriormente la possibilità di trovare un vostro stile — e magari di affrontare carichi sempre più corposi, con più consegne contemporaneamente.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Oltre che dalle scelte di level design, che ha una sorprendete varietà da offrire, il percorso di Sam può essere ostacolato anche da altri imprevisti: il primo sono i MULI, dei terroristi che proveranno a stordirvi o uccidervi per rubare il vostro carico. Se questo dovesse accadere, sareste costretti a tornare nel loro territorio, debitamente indicato nella mappa, scegliendo tra un approccio furtivo o un rischioso assalto, per cercare di recuperare il maltolto.

In caso si venisse scoperti, le fasi action sono estremamente coreografiche, con rallenty a sottolineare i momenti più spettacolari: non aspettatevi una profondità degli scontri à la Metal Gear, qui è tutto più immediato e votato a scazzottate, lance elettriche e brevi raffiche. L’intelligenza artificiale non è male, i nemici cercheranno di raggiungervi e di nascondersi in caso gli spariate contro, ma ci è capitato nelle colluttazioni che alcuni aspettassero semplicemente di vedere steso il loro compagno precedente, prima di attaccarci. Problema che, invece, non si pone, in caso di scontri con più di due o tre MULI contemporaneamente, dai quali sarà sempre meglio fuggire, per non finire storditi o ammazzati.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Il secondo imprevisto è la cronopioggia. Questo evento atmosferico ha il potere di danneggiare tutte le merci che trasportate al di fuori dalle loro casse, come quelle che tenete appese alla rastrelliera sulla schiena – e sappiamo che nessuno vuole ricevere una consegna danneggiata. Per cercare di mettervi al sicuro potreste costruire un apposito riparo (o trovarne uno naturale). La cronopioggia può essere sia casuale — con la mappa che vi fornirà indicazioni su quando e dove aspettarvela — sia un cattivo presagiopiove sempre, infatti, nei dintorni delle aree popolate dalle Creature Arenate (CA).

Un mondo infestato dalle CA

Queste misteriose creature, che aleggiano a mezz’aria e possono essere individuate attraverso il sensore di Sam, collegato al Bridge Baby, vi costringeranno a muovervi in modo estremamente furtivo, nel disperato tentativo di non essere individuati. Potrete decidere di passare il più lontano possibile da loro, oppure potrete tentare di attaccarle, quando sarete in grado di farlo, rischiando di essere scoperti.

Le CA sono di solito circoscritte ad alcune aree fisse, che cambiano di poco nel corso del gioco, per cui saprete perfettamente dove aspettarvi di incontrarle: superata la zona infestata, la pioggia si assottiglierà, per poi estinguersi, e sarete liberi di proseguire normalmente il vostro viaggio.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Anche nel caso di queste creature, però, molte responsabilità sono sulle spalle del giocatore: avrete infatti la possibilità di usare un approccio più diretto e farvi individuare dalle CA. Se questo dovesse accadere, potreste ancora provare a liberarvi dalla loro presa, per poi finire, in caso di fallimento, trascinati nel catrame. Da qui, si attiverebbe una boss fight contro una CA di dimensioni generose, che lascerebbe appeso a un filo non solo il vostro destino, ma quello della zona in cui vi trovate: in arene che richiameranno città sprofondate nel catrame, potrete sconfiggere la CA, o venire sconfitti. In caso di vostra vittoria, vi ritroverete nella mappa in cui eravate stati trascinati nel catrame, senza però più la presenza della CA per almeno una manciata di minuti. In caso di sconfitta, invece, l’intera area si trasformerebbe in un cratere impossibile da attraversare, se non girandoci intorno, che ingoierebbe qualsiasi cosa ci fosse sopra, prima: ponti, merci, veicoli: tutto sprofonderebbe nel cratere, fino a quando questo non sarà riassorbito, pian pianino, con il tempo.

Le boss fight presenti sono insomma potenzialmente numerose e, mentre quelle legate ai vostri incontri con le CA sono fotocopiate, anche nelle strategie da adottare, alcune legate alla storia sono più interessanti, ma comunque mai proibitive, neanche al livello di difficoltà più alto.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione
Death Stranding: bianco o nero – Recensione
Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Un solo uomo, due mondi

Kojima ha sempre sottolineato che Death Stranding è un gioco senza “game over” e, a parte rare eccezioni che non vogliamo anticiparvi, è effettivamente così: la morte di Sam vi porterà infatti nell’Abisso, in cui l’anima del nostro eroe sarà sperduta nell’oltretomba e dovrà nuotare per ritrovare il suo corpo e riemergere. La cosa risulta estremamente semplice da fare e le vostre visite nell’aldilà potrebbero anche ridursi a decine di secondi. Diverso il caso in cui finiate nell’Abisso con tutto il vostro carico: a questo punto, dovreste nuotare per recuperare i singoli oggetti, prima di tornare in vita — pena, lasciarli all’altro mondo, e ritrovavi in questo rimanendone privi.

Oltretutto, il collegamento tra vivi e morti è fortissimo in tutto il gioco: non faremo spoiler di nessun tipo, ma vogliamo sottolineare che il gioco vi motiverà a servirvi delle armi non letali anziché di quelle mortali, appena ve le metterà a disposizione – riproponendo un po’ una filosofia incentrata sugli stordimenti che i fan di Metal Gear Solid ben conoscono.

Il cuore di Death Stranding: il multiplayer asincrono

È però nel multiplayer asincrono che Death Stranding trova il suo vero cuore pulsante. Appena l’open world si aprirà agli altri giocatori, diventerà magnetico.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Giocando in modalità online, che non richiede PlayStation Plus, avrete infatti la possibilità di vedere e utilizzare le strutture e gli oggetti lasciati o piazzati dagli altri giocatori. Questo significa che un sentiero seguito da molte altre persone sarà tracciato nella vegetazione, che un chiodo da arrampicata altrui potrebbe aiutarvi in una scalata, che un ponte già sistemato da altri potrebbe facilitarvi il compito. Niente paura, però, perché almeno la prima volta che esplorerete un’area, dovrete farlo rigorosamente da soli, fino a quando non raggiungerete il suo abitante e lo convincerete, facendo delle consegne per lui, a unirsi alle UCA. Una volta fatto, la zona circostante andrà “in rete” e vedrete le strutture degli altri, così come gli altri vedranno le vostre.

Avete trovato una scala in una posizione particolarmente geniale? Potete farlo sapere all’altro giocatore lasciando un fiume di Mi Piace, anche se la minaccia della cronopioggia sarà sempre dietro l’angolo: col tempo, le strutture si deterioreranno e sarà necessario donare materiali per fare in modo che rimangano esattamente al loro posto. Questo significa che la community lavorerà insieme, sebbene senza mai incontrarsi, per fare in modo che le strutture più utili rimangano in piedi, così come collaborerete per le costruzioni che richiederanno più materiali per essere migliorate o costruite. Le asfaltatrici, ad esempio, consentiranno di costruire strade che velocizzeranno i vostri spostamenti, ma di contro richiederanno un numero imponente di risorse, impegnativo da raggiungere da soli.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Mano a mano che inizierete a collaborare e a confrontarvi con le risorse degli altri giocatori, vi renderete conto che Death Stranding ha peculiarità e atmosfere tutte sue, dalle quali risulta davvero difficile staccarsi. Se è vero che Sam è “solo” un corriere che va da un punto all’altro per fare le sue consegne, è anche vero che sarete invasi da uno spirito collaborativo, dalla naturale predisposizione umana a contare gli uni sugli altri.

Un’arma non vi serve più o vi siete recati in uno dei centri delle UCA per produrne qualcuna di troppo? Potrete donarla all’armadietto condiviso, accessibile a tutti i giocatori. Potrete fare lo stesso anche con risorse e veicoli, creando un vero e proprio tesoretto riservato ai Sam Porter Bridges di tutto il mondo. E, in caso abbiate bisogno di risorse on the go, potrete richiedere la consegna in punti di interesse specifici, sperando che qualche giocatore accolga il vostro appello.

Possiamo assicurare che, controller alla mano, l’esperienza risulta davvero interessante e stimolante —  e ve ne renderete conto quanto comincerete a sorridere allo schermo leggendo che “Tizio ha lasciato dei Mi Piace alla tua scala”, sentendo in cuor vostro di aver davvero aiutato qualcuno, chissà in quale parte del mondo, a superare una difficoltà.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Il multiplayer asincrono e la condivisione delle risorse si legano anche alle boss fight con le CA a cui facevamo cenno: durante gli scontri, infatti, è possibile chiamare in soccorso le risorse degli altri giocatori, che ci saranno letteralmente lanciate addosso in automatico, rendendo praticamente impossibile morire. Sam potrà così equipaggiarsi di ulteriori armi anti-CA, oltre che di nuove sacche di sangue, che sostituiscono le tradizionali Razioni di Metal Gear, consentendo di reintegrare la barra ematica (che rappresenta la vita).

La sensazione, in merito a questa collaborazione asincrona e alle meccaniche di costruzione, è che Kojima abbia preso come riferimento alcune delle sue idee di Metal Gear Solid V, come il disarmo nucleare che doveva essere raggiunto da tutti i giocatori insieme, rendendole la base di Death Stranding. Si ha la stessa sensazione anche per le strutture, in cui la Mother Base è ora però l’intero mondo di gioco, pronto a essere riempito e popolato da indicazioni, ponti, generatori, rifugi e qualsiasi altro strumento piazzato dai giocatori per rendere le cose più semplici a sé stessi e agli altri.

C’è un dubbio che viene spontaneo: cosa succederà quando tantissime persone giocheranno insieme? A risponderci è stata Sony, che ci ha spiegato che ci sarà un limite al numero di oggetti che sarà possibile vedere, poiché non tutti i giocatori si ritroveranno esattamente nella medesima istanza di gioco. Il tema del connetterci tutti rimane valido, ma per motivi tecnici e di fruibilità, insomma, si è dovuti arrivare a un compromesso che mantenesse l’esperienza tanto valida quanto lo è stata in questi giorni in cui il mondo è stato accessibile solo a chi stava preparando la recensione.

Un corriere popolare

Va da sé che, forte dei contributi continui della community, Death Stranding è ricchissimo di contenuti e missioni (consegne) da completare. Siamo arrivati all’epilogo 47 ore dopo aver iniziato il nostro viaggio, ma intrattenendoci con alcune missioni secondarie, prima di concentrarci del tutto sulla storia. C’è però la possibilità di continuare a giocare dopo i titoli di coda, motivo per cui continuerete ad accumulare ore, costruire strutture, collaborare con gli altri e migliorare i vostri rapporti con gli abitanti dell’open world – che è suddiviso in alcune macro aree, in cui sarà possibile spostarsi con il viaggio rapido. Facendolo, però, viene trasportato solo Sam, e non il suo carico: non pensate, quindi, di farvi spostare rapidamente alla meta della consegna, perché non sarà possibile.

Nel momento in cui stiamo battendo questo articolo, abbiamo superato le 75 ore e abbiamo ancora tantissimi ordini a cui dedicarci, vogliosi anche di migliorare le valutazioni che è possibile ottenere ed esibire davanti agli altri giocatori, dovute alla rapidità, alla qualità del carico, ai Mi Piace ricevuti e così via. Ogni giocatore vedrà così una sua schermata di valutazione, accessibile agli altri e mostrata in sintesi anche sopra le vostre costruzioni, che con le stesse meccaniche dei social network vi farà gonfiare il petto, consentendovi di esibire la vostra bravura.

Per l’occhio e per l’orecchio

Death Stranding è un piacere per l’occhio e per l’orecchio. Dal punto di vista grafico, il mondo di gioco è vivo, pulsante, caratterizzato da una direzione artistica che richiama i silenzi verdeggianti di Andreij Tarvkoskij.

Decima Engine fa sempre il suo dovere, anche nelle sequenze più concitate, a eccezione di alcune fasi sui veicoli su PS4 standard, in cui raggiungendo velocità più elevate si verificano evidenti pop-up e qualche rallentamento, legati al tentare una generosa profondità di campo. In aree scoscese e rocciose si segnala anche qualche piccola compenetrazione.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

Impressionante, è la parola giusta, la qualità delle cutscene che accompagneranno la vostra avventura: alcune sequenze, tutte in-engine, sembrano quasi realizzate in computer grafica, con modelli dei personaggi, animazioni e illuminazione davvero al top per il mondo dei videogiochi. Maestosa la regia, che abbandona l’esercizio di stile del piano sequenza di MGSV per mettere l’inquadratura davvero al servizio di quanto sta venendo raccontato, in modi unici e suggestivi.

Il lavoro di Ludvig Forssell sulla colonna sonora è importante ma quasi discreto, a fronte invece della grandissima quantità di brani su licenza di cui il gioco gode, e che propone (e impone) in alcuni momenti di esplorazione dall’altissimo valore suggestivo. È proprio in questi momenti, in cui vi trovate da soli con la natura indomita e l’umanità decadente, sulle note degli artisti scelti da Kojima, che Death Stranding esprime fortemente una delle sue caratteristiche cardine: la contemplazione, l’unicità dei suoi ritmi di gioco.

Menzione d’onore per l’ottimo lavoro svolto dal cast stellare, davvero d’impatto per un videogioco. Eccezionali le voci originali in inglese, ma anche il doppiaggio in italiano, selezionabile liberamente dalle opzioni del gioco nel menu iniziale, è di grande qualità – sebbene si verifichi qua e là qualche piccolo inciampo di lip-sync.

Di piacere a tutti non me ne frega niente

Ci sono alcune curiose contraddizioni, nella natura di Death StrandingIl gioco di Hideo Kojima si poggia su un sistema collaborativo che si erige sui Mi Piace, ma non gliene frega niente di piacere a tutti. Vuole unire le persone, connetterle è il suo tema chiave, ma per le sue caratteristiche sarà estremamente divisivo nella comunità dei videogiocatori: lo si amerà o lo si odierà. Non ci saranno grigi, nessuna via di mezzo: bianco o nero, odio o amore.

Questo si applica non solo al peculiare e rilassato gameplay, ma anche alla scrittura. Dimenticatevi gli inciampi e le mutilazioni narrative di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, perché quanto fatto da Kojima in Death Stranding saprà colpire nel segno senza dimenticare nulla per strada, seppur ci siano alcuni aspetti che si potevano, probabilmente, gestire con tempi migliori. Non aspettatevi, comunque, niente di simile alla sua saga più famosa: Death Stranding ha una personalità e un universo tutti suoi e affronta tematiche non per tutti, che spaziano dalla fantascienza alla metafisica, passando per la distopia, per puntare a emozionarvi.

C’era il timore che la narrativa potesse risultare troppo dispersiva come fu in The Phantom Pain, ma questa volta Kojima le concede il giusto spazio, a parte i fisiologici rallentamenti legati alle fasi in cui il gameplay prende il sopravvento e le vicende procedono più calme, senza però mai abbandonarvi a voi stessi e per poi riprendervi per mano per condurvi verso le fasi finali.

Death Stranding: bianco o nero – Recensione

La scrittura è matura, a sua volta interessata a esprimere la visione dell’autore con buona pace della difficoltà che alcuni potrebbero trovare a confrontarsi con i temi trattati – e con come vengono trattati. Ci sentiamo di dire che, se avete apprezzato il miglior Kojima, questo è uno dei compromessi migliori che si potevano trovare tra il suo tradizionale stile ricchissimo di sequenze filmate e cose da dire e l’approccio ludico di un videogioco open world. Si poteva forse osare qualcosina di più su alcuni personaggi-spalla, i cui retroscena dettagliati in alcuni casi sono affidati a dei documenti sbloccabili da leggere, ma tutti avranno da offrirvi la loro storia – e una connessione da custodire gelosamente.

…fonte SpazioGames