Final Fantasy XV

C’è sempre tanto spazio per la retorica quando si deve parlare di Final Fantasy XV. Si inizia a parlare di Hironobu Sakaguchi, della storia dell’ultima fantasia, di Nobuo Uematsu, di Tetsuya Nomura: perché questi sono i nomi che il passato ci ha consegnato, ha voluto che noi ricordassimo. Ed è sempre stato questo il principale errore nell’approccio a Final Fantasy XV, perché il quindicesimo capitolo di una delle saghe più longeve della storia videoludica non c’entra niente col passato. Hajime Tabata aveva una grande responsabilità sulle spalle, ma allo stesso tempo un grande movente: ripartire da zero, riscrivere parte della storia di Final Fantasy, lontano da quello che oramai è soltanto un remoto ricordo dell’ultima fantasia, quel padre al quale oramai non si anela più che risponde al nome del già citato Sakaguchi. Final Fantasy, da quest’oggi, ha un nuovo genitore, che si è battuto per consegnare al mercato un prodotto al passo con i tempi, funzionante e funzionale, che impattasse al meglio sull’industria e sul mercato. Final Fantasy XV non lascia spazio alla retorica: pensa soltanto al futuro. Un futuro che, ne siamo certi, sarà nuovamente radioso.
Lucis Caelum
Il conflitto rappresenta la più antica forma di confronto, che si è evoluta nei secoli in qualcosa di armato o di molto più dissacrante. A Eos, che non si distingue dal resto del mondo, il longevo conflitto tra il Regno di Lucis e l’Impero di Niflheim sembra destinato ad arrivare a un compromesso: la trattativa di pace prevede l’armistizio e la resa da parte di Regis, l’attuale reggente di Lucis, ma l’Impero ha anche un’ulteriore richiesta. Il primogenito del re, l’erede al trono, Noctis Lucis Caelum, dev’essere pronto ad accettare come sposa la Sacerdotessa di Tenebrae, una provincia imperiale: si tratta di Lunafreya, coetanea di Noctis, con la quale sin da bambini il principe di Lucis aveva stretto un saldo legame di reciproco rispetto, che andava oltre i ruoli di erede al trono e sacerdotessa investita. Era un sentimento di coesione, di fratellanza. Il giorno dell’armistizio, quindi, Regis convoca Noctis alla sua corte, annunciandogli l’imminente e fondamentale compito di raggiungere Lunafreya ad Altissia, dove saranno celebrate le nozze: nel suo lungo viaggio, a bordo della Regalia, l’automobile regale, sarà accompagnato dalle sue guardie del corpo, Ignis, Gladio e Prompto, con l’unico obiettivo di soddisfare le richieste dell’Impero. Durante il loro viaggio, però, giunti ad Hammerhead per affidare la Regalia all’officina di Cid, amico di gioventù di Regis, e di sua nipote Cindy, il quartetto viene a conoscenza dell’infausto tradimento di Niflheim in sede di stipula dell’accordo di pace. Le sorti di Insomnia, la capitale di Lucis, restano quindi in bilico e l’unico che può intervenire per ristabilire l’ordine delle cose è l’erede al trono Noctis Lucis Caelum, accompagnato dalle sue tre guardie del corpo.
Hajime Tabata aveva sin da subito presentato lo scenario di Final Fantasy XV, scritto da Kazushige Nojima, come un road trip che esalta il senso di amicizia che nasce dal gruppo composto da Noctis e le sue guardie del corpo: un aspetto indubbiamente gradevole e che ritrova, nell’evoluzione della trama, un aspetto fondamentale soprattutto per esaltare la personalità di Ignis, Gladio e Prompto, pronti a rappresentare la parabola crescente delle loro caratterizzazioni, che se nei primi minuti permettono loro di sembrare degli stereotipati personaggi di supporto, sul finale li conduce ad avere un’anima propria, per la quale soffrire e patire. Perché tutti i comprimari, compresa la tanto attesa Lunafreya, hanno molto da dire, anche quando sono chiamati al silenzio. Dicevamo, però, che per quanto l’aspetto sottolineato dal director del titolo sia effettivamente tangibile, Nojima è riuscito a riproporre, a più vaste linee, un tema a egli caro e che già in molte delle sue precedenti produzioni, Final Fantasy X su tutte, era riuscito a realizzare. Non sono poche le citazioni, non mancano i riferimenti a una saga così longeva che Tabata non poteva non prendere in considerazione: il lavoro di scrittura è funzionale, è il migliore tra quelli realizzati dallo sceneggiatore negli ultimi dieci anni, perché Final Fantasy XV riesce a raccontare i momenti di maggior pathos con la giusta epica, con il giusto sentimento e offrendo la chiave di lettura che vi permetterà di sentirvi sconvolti e dilaniati così come i protagonisti della vicenda. Aver visionato Kingsglaive prima di iniziare l’avventura videoludica vi aiuterà ad avere un passo in più rispetto a Noctis, non informato di quanto avvenuto tra le mani di Nyx Ulric a Insomnia, soprattutto nei primi incontri con Aldyn Izunia, il consigliere dell’Impero; non averlo visto vi condurrà, in ogni caso, a un processo di immedesimazione più profondo con il principe di Lucis, che dovrà necessariamente scoprire sulla propria pelle il destino che lo attende. L’intera struttura scritta da Nojima, infine, si fregia anche di due importanti caratteristiche, che devono appartenere a una direzione pronta a prendersi delle responsabilità, e che va necessariamente premiata: non c’è paura nell’atterrare la normale condizione umana e non c’è timore nell’esaltare la caducità dei protagonisti in gioco, perché anche il più forte, nel momento in cui deve confrontarsi con il giogo del destino, può perdere l’appoggio sulle proprie gambe o nei propri occhi. La seconda, invece, è una coerenza antagonistica che negli ultimi Final Fantasy era andata un po’ a scemare, proponendo, nel finale, a mo’ di colpo di coda, un avversario non sempre ben collocato all’interno della linea narrativa: stavolta le cose cambiano, perché il nostro antagonista è noto, è ben piantato dinanzi alle nostre pupille e ha molto da svelare. Nojima sembra essere tornato lo scrittore che non aveva paura di buttare nelle fauci di Sin l’invocatrice Yuna e di giocare con i sogni, che fossero di Bevelle, di Zanarkand, degli intercessori, di Lucis o di Niflheim.

L’Aurora
Final Fantasy XV, per esordire, ci presenta l’open world più grande di quest’anno. Il Regno di Lucis è un ecosistema pulsante fornito di anfratti, montagne, moli, colline, tangenziali, autostrade, strade sterrate, accampamenti, parcheggi, negozi e vaste lande circondate, inevitabilmente, dall’immenso mare. La scelta di Tabata di sovvertire l’ordine meccanico della proposta videoludica canonica, e di lanciarvi direttamente nell’open world che solitamente precedeva lo scontro finale in Final Fantasy, viene premiata nella sua scelta corale, nell’andare a impattare poi nella seconda parte, in quel corridoio che tanto ha spaventato le supposizioni. Grand Pulse e la Piana della Bonaccia sono lontani ricordi, perché stavolta le loro trasposizioni non precedono assolutamente l’arrivo al momento topico, alla punta più alta dell’iceberg: sono anzi l’inizio della nostra avventura, per permetterci di prendere dimestichezza, sin da subito, con quelle che sono le potenzialità di Final Fantasy XV. Magari un escamotage, un modo, da parte del director, di darci tutto subito, convincendoci che c’è un motivo aggiuntivo per restare cinquanta e più ore con la nostra ultima fantasia. Lucis dalla sua ha soltanto una città, soltanto un agglomerato cittadino all’interno del quale intrattenersi, camminare a passi lenti e intrecciare rapporti e contatti, ma ha tantissimi accampamenti, ha tantissime stazioni di servizio, tutte pronte a vivere di anima propria, con gli stessi elementi in ognuna di esse: un punto ristoro, che sarà anche l’hub per le missioni di caccia, un emporio e qualche negozietto che possa vendervi le armi necessarie per i vostri combattimenti. Presso queste realtà iniziano a inerpicarsi le radici per l’end-game, che è comunque prolunga di quello che potrete fare finché non deciderete di raggiungere Altissia: impiegare circa quaranta ore a Lucis, prima di arrivare al corridoio che vi concederà di soffermarvi soltanto sull’evolversi delle vostre vicende, non è un errore, né un vezzo da condannare. Anzi è molto più plausibile a livello narrativo temporeggiare prima che la situazione precipiti, piuttosto che cedere a un piacere completistico mentre Sin annuncia il suo imminente ultimo attacco a Spira. Per quanto, quindi, non ci troviamo dinanzi a una simulazione di vita vissuta, è comunque piacevole riscontrare questa flebile sensatezza narrativa. Le missioni secondarie, le side-quest, che hanno oramai sostituito anche in termini filologici le sub-quest, sono di una quantità spropositata e decidere di star dietro a ognuna di esse vi condurrà, inevitabilmente, a spendere moltissimo del vostro tempo in attività tutte ben proposte, contestualizzate e narrate. Andrete dalle più meccaniche, come il recupero delle piastrine e di altri collezionabili, fino alle più complesse sfide di caccia, anche là dove non si tratti effettivamente di ricercati, ma semplicemente di sfide per recuperare oggetti per la sintesi. Non mancheranno però attività da principe impegnato, nel controllo qualità delle valvole termostatiche di Lestallum o anche dei piloni della corrente elettrica, che non rifornisce più come un tempo l’unica città visitabile di Lucis. Inoltre, se le side non vi hanno accontentati, camminando per il Regno avrete spesso delle proposte che arrivano proprio dai vostri compagni di viaggio, che sfrutteranno alcuni degli accampamenti da voi creati per proporvi delle foto o addirittura di andare a pescare degli improbabili mostri marini, concedendovi la possibilità di aggiungere ancora più attività a quelle già proposte dai vostri sudditi. Difficilmente vi ritroverete dinanzi a delle missioni sterili, che vi costringeranno ad attività di ben poca utilità, come accaduto recentemente in Lightning Returns, e difficilmente vi annoierete nell’eseguirle, perché tutte riescono a offrire un alto livello di dinamismo e di soddisfazione, che vi conduce a voler immediatamente portarne a termine un’altra. E in questa ampia struttura sarà inevitabile imparare, col tempo, anche a spostarsi a Lucis.

Benzina e Chocobo
Un open world così ampio non poteva non affidarsi a diversi mezzi di trasporto, sia tangibili che virtuali: se lo Strigo doveva avere fiducia nel suo destriero Rutilia, Noctis potrà contare sia sulla Regalia che sull’ottimo servizio di noleggio dei Chocobo. Questi ultimi riescono, molto probabilmente per la prima volta nella loro storia, ad avere una contestualizzazione molto più profonda, sia perché legati a un sistema di noleggio temporale, della durata massima di sette giorni e chiaramente a pagamento, sia per il loro avere un sistema di level up che li spingerà, saltuariamente, anche a intervenire durante le battaglie. L’aumento di livello è chiaramente condizionato dal tempo che passerete a cavalcioni del gallinaceo giallo, fino a un massimo di dieci, là dove il Chocobo verrà addirittura in vostro soccorso prendendo a calci un avversario: ben poca cosa e soprattutto una meccanica che non va a sovvertire l’esito di una sfida, ma che comunque impreziosisce e rimpingua il valore di un destriero che veste da sempre i panni di mascotte, ma che qui finalmente può diventare qualcosa di più profondo. Grazie inoltre alle Chocosfide e alla loro possibilità di inerpicarsi in anfratti all’interno dei quali la Regalia non può recarsi, il Chocobo diventa l’ideale alleato nell’esplorazione di Lucis e in qualsivoglia spostamento, completando la limitatissima automobile regale in ottimo modo. Parlando proprio della vettura tanto protagonista del road trip, c’è da dire che la delusione dei mesi precedenti, quelli equivalenti alle prime prove, è andata a scemare, cedendo il passo a una spiegazione plausibile da parte di Tabata, che ha specificato come Final Fantasy XV non fosse un simulatore di guida, bensì tutt’altro. Grazie all’utilizzo del viaggio rapido o comunque della guida affidata in maniera automatica a Ignis, il peso della guida su binari viene decisamente limitato, soprattutto quando, grazie a tutte le accortezze e le messe a punto a opera di Cindy, la nostra vettura raggiungerà velocità molto più elevate e avrà una struttura molto più solida di quella iniziale; è quando arriva il momento di spiccare il volo, però, che la Regalia fallisce, perché trasformatasi nella sua versione Type-F, ossia quella che la rende un’aeronave a tutti gli effetti, Tabata non ha saputo rinunciare ai propri muri invisibili. Avrete sì modo di raggiungere degli anfratti altrimenti intoccabili, ma anche in questo frangente la nostra quattroruote volante si dimostrerà terribilmente fallace, perché la fase di atterraggio è, fisiologicamente, complessa, ma qualsiasi piccolo urto o errore nell’adagiarsi sull’asfalto comporterà il game over. Vi capiterà, vostro malgrado e nonostante le vostre doti di aviatori provetti, di andare a sbattere contro un lampione che distruggerà completamente la vostra automobile, oppure di non indovinare esattamente la carreggiata nell’atterraggio, finendo inevitabilmente fuori strada: nel primo caso vi aspetterà una salatissima revisione ad Hammerhead, con strozzatura alle potenzialità della Regalia fino alla messa a punto, nel secondo invece vi aspetta il game over, nonostante l’essere illesi dei passeggeri. Capirete ben presto, quindi, che il vostro destriero motorizzato è meglio che venga usato esclusivamente per i viaggi rapidi o come punto di ritorno al termine di un dungeon grazie alla funzione “torna alla Regalia”, soprattutto quando, durante il vostro viaggio, i quattro occupanti degli interni avranno terminato i loro lunghi dialoghi, che rappresentano l’unico vero movente per i viaggi lunghi. Battute, curiosità, chiacchiere, confessioni, scambi di opinioni, gestualità e intrattenimento puro che vi permetterà di scendere ancora più in profondità nella psiche di questo road trip, che vi prende per mano da bambini e che vi conduce fino alla fine, lasciandovi da adulti, con un abbondante album fotografico firmato da Prompto, che al termine della vostra avventura, alla chiusura del cerchio, non mancherà di darvi un senso di commozione per come tutto è iniziato e per dove, alla fine, siete chiamati a essere.

Armi proiettate
Chiaramente in ogni Final Fantasy nulla può essere lasciato in secondo piano, quindi se la trama rappresenta, a oggi, uno dei punti più importanti, non da meno è il gameplay, che si legge battle system. È lapalissiano che oramai gli scontri a turni, gli scontri casuali, appartengano a un retaggio del passato, a una regressione storica anacronistica, pertanto ci troviamo dinnanzi a un’evoluzione di quello che abbiamo visto negli ultimi anni nella Fabula Nova Crystallis, della quale tra l’altro Final Fantasy XV avrebbe dovuto far parte. Come mostrato in tutte le demo fino a ora pubblicate da Square-Enix, avremo il comando esclusivamente di Noctis, per tutta la durata della nostra avventura, con la possibilità di ordinare il supporto dei nostri compagni di squadra, che non sempre saranno esclusivamente Ignis, Gladio e Prompto: in alcune riprese, non soventi in realtà, avremo modo di ospitare anche dei guest al nostro party, con qualche beneficio sparso, che comunque non varieranno eccessivamente le nostre rodate meccaniche. Non ci sono turni, dicevamo, perché i combattimenti sono tutti in tempo reale, con meccaniche molto action: un tasto per il salto, uno per l’attacco, che può anche essere tenuto premuto piuttosto che spammato, sortendo lo stesso effetto, uno per la schivata o per la difesa con QTE annesso per il contrattacco, e infine quello collegato alla proiezione tattica od offensiva. Quest’ultima azione diventerà, ben presto, una delle meccaniche più interessanti da sfruttare per sbrogliare battaglie che potrebbero diventare abbastanza ostiche: sfruttando, infatti, la forza propulsiva della vostra magia da Angoni e la forza d’impatto della vostra arma potreste arrivare a infliggere abbastanza danni da mutilare il vostro avversario e metterlo in condizione di essere vulnerabile, meccanica che strizza l’occhio allo stato di crisi di Final Fantasy XIII. Sfruttando poi le caratteristiche delle diverse armi che equipaggerete, fino a un massimo di quattro, avrete delle proiezioni offensive che vi permetteranno di infliggere dei danni diversi in svariate occasioni: molte delle lance vi permetteranno di proiettarvi in cielo e cadere sulla testa dell’avversario come nel più classico Lancio di Freya, gli spadoni verranno lanciati in avanti per poi raggiungerli con un secondo salto da parte vostra, le spade invece vi accompagneranno nella vostra proiezione, infine le armi ancestrali possono anche costruire delle saette che partiranno verso l’avversario per colpire più di una volta. Di queste ne esistono tredici, di cui oltre la metà da rintracciare per vene completistiche, mentre le altre appartengono necessariamente allo sviluppo della trama: ognuna di esse ha delle caratteristiche specifiche e sbloccano delle abilità per Noctis che possono tornare utili a seconda del vostro stile di gioco. C’è chi preferirà il Tridente della Sciamana per degli attacchi ripetuti rapidi, c’è chi preferirà la Spada di Regis e così via. Il rintracciarle darà vita a una serie di ricerche all’interno di dungeon intricati, labirintici e dedalici che impiegheranno moltissimo del vostro tempo e metteranno a dura prova le vostre capacità, aumentando il livello di sfida dell’intero prodotto.
Durante il combattimento l’interazione con i vostri compagni di squadra avverrà grazie alla barra delle tecniche, che ha un massimo di tre slot, per permettervi un tetto di tre combo con i tre personaggi nel party: la barra si riempirà in base alle tecniche da voi sbloccate, ma vi chiederanno poi di scegliere quale mossa far compiere ai vostri comprimari, che verrà poi completata da un QTE che vi vedrà protagonisti. Parliamo di attività che possono realmente risolvere delle situazioni complicate, a partire dalla Tempesta di Gladio, un attacco ad area che colpisce tre volte gli avversari, o anche la Perforazione di Prompto, che riesce a distruggere qualsiasi carapace o armatura, fino all’Intuizione Elementale di Ignis, che vi darà anche un suggerimento sulla magia da utilizzare contro il vostro avversario, fino alla possibilità di infondere nella vostra lama la forza elementale necessaria.
Per le magie, invece, c’è da trattarle con un capitolo a parte, perché stavolta, in maniera atipica per un Final Fantasy, non ci sono maghi nel nostro party: per un breve periodo avremo un mago bianco con noi, ma si tratta di un excursus da pochissimi minuti, che non varierà la sostanza dell’utilizzo della magia. Per poterle utilizzare dovremo affidarci alle ampolle, da riempire con i tre elementi disponibili in natura (fuoco, ghiaccio e tuono): l’assimilazione ci permetterà di avere fino a un massimo di 99 unità, da utilizzare poi in combo con un oggetto, così da distillare un potente artefatto che avrà effetti benefici su di noi e malefici sugli avversari. A seconda dell’oggetto utilizzato ci sarà modo di ottenere più lanci della stessa ampolla o anche di aumentare la potenza a vostro carico: le magie, in ogni caso, non spostano eccessivamente l’esito di una battaglia, ma la possono mettere in discesa se sfruttate contro i giusti daemon. Insomma un’arma in più, ma non quella fondamentale e soprattutto non paragonabile all’utilizzo delle armi vere e proprie per utilizzo ed efficacia: la vostra magia più forte, d’altronde, è la proiezione, che nel suo essere tattica vi permetterà di appendervi in un punto alto dello scenario e recuperare, più rapidamente, punti vita e punti magia. Quest’ultimi serviranno non per l’utilizzo delle magie, bensì per la proiezione: esauriti vi ritroverete esausti, quindi incapaci a utilizzare di nuovo la proiezione, ma col tempo e con l’apprendimento di nuove tecniche avrete modo di sfruttare tale situazione a vostro favore. All’esaurirsi dei punti vita non andrete in game over, bensì in stato di crisi: sarete vulnerabili e chiaramente impossibilitati a qualsiasi tipo di azione fino a quando non deciderete di affidarvi a un oggetto o all’arrivo di un vostro compagno in vostro supporto. Trattasi di una soluzione efficace che viene incontro alla frenesia di alcuni combattimenti e che vi evita ripetute morti e un consumo eccessivo di code di fenice: lo stato di crisi va interpretato come uno stato di allerta, come se vi stessero avvisando che la morte è dietro l’angolo, ma avete ancora qualche secondo per prepararvi e decidere come risolvere tale problematica. Così come per Noctis anche per gli altri suoi compagni di squadra la crisi funzionerà allo stesso modo.

Canadesi e picchetti
Come tutti i jRPG, ma anche RPG in generale in realtà, lo sviluppo ha un aspetto molto importante nell’andamento dell’avventura. A Eos la novità è che l’unico modo per ottenere il level up è legato all’accamparsi: Gladio monterà le tende, Ignis cucinerà per voi, Prompto scatterà qualche foto e voi non dovrete far altro che attendere di sapere quanta esperienza avete accumulato e quanti livelli potrete quindi ottenere. L’idea è indubbiamente apprezzabile e riuscirete a farla entrare nelle vostre consuetudini in breve tempo, senza sentire necessariamente la mancanza del level up automatico dopo una battaglia o alla conclusione di una side quest: qui comanderete voi il progresso, perché voi deciderete quando dormire e quando riposarvi. Chiaramente l’accamparsi è abbastanza diverso dal dormire in un alloggio precostituito, perché in hotel e nelle roulette Ignis non potrà cucinare, quindi non potrete usufruire dei bonus forniti dai suoi piatti, che con l’avanzare diventeranno assolutamente fondamentali, sia per voi che per il vostro Chocobo, ma allo stesso tempo non otterrete nemmeno i vantaggi dei punti abilità che otterrete come ricompensa per l’aver piantato le canadesi a terra. I punti abilità, tra l’altro, serviranno per le vostre tecniche, che sono distribuite su vari gradi di piccole sferografie: non rappresentano il punto focale dello sviluppo, ma rendono l’esperienza molto più ramificata e soddisfacente, soprattutto là dove riuscirete a sbloccare delle abilità che possono fornirvi punti abilità ed esperienza compiendo azioni che appartengono alla quotidianità e alla consuetudine. Annesso al concetto di sviluppo c’è anche l’aumentare dei talenti, uno per ogni componente della squadra: Noctis è un abile pescatore, Gladio ha un’inclinazione per l’esplorazione, Ignis per la cucina, come dicevamo, e Prompto per le foto. Se quest’ultimo aspetto è l’unico che non apporta benefici nell’immediato, ma che vi colpisce dritto al cuore al termine del vostro percorso, e la prima non produce nessun effetto se non quella di occupare un po’ di tempo con un’attività eccessivamente randomica e troppo spesso snervante, gli altri due saranno fondamentali. Ignis per ogni livello – che vanno da 1 a 10 – sbloccherà una ricetta in più, molto più corposa e soddisfacente, mentre il nerboruto Amicitia avrà la possibilità di recuperare oggetti particolari al termine di una battaglia, a mo’ di bottino, legato esclusivamente alla capacità di ritrovamento. L’avere tantissimi rami dello stesso albero che vi permetteranno di migliorare in numerosi degli aspetti in gioco vi permetterà anche di avere, dalla vostra, un variegato ventaglio di occasioni che vi si prospetteranno anche in una battaglia che in partenza vi vede in difetto: qualsiasi nemico, se ben approcciato, se ben affrontato, con la quantità di oggetti giusti e con l’adeguato equipaggiamento, non sarà uno scoglio insormontabile. Per l’equipaggiamento e per tutti i valori, adeguatamente riportati dalla forza alla resistenza fino a tutti i riferimenti elementali, sono legati alle armi equipaggiate e agli accessori, oltre che ai vestiti. Se Noctis, però, potrà equipaggiare fino a quattro armi, gli altri componenti del party possono affidarsi soltanto all’arma principale e quella secondaria, da utilizzare quando meglio crederanno a seconda dell’andamento della sfida. Il principe di Lucis, in ogni caso, può anche scegliere di equipaggiare quattro armi ancestrali o anche più di una magia, senza avere eccessivamente vincoli, e nel finire del gioco anche l’Anello. Le meccaniche di quest’ultimo, che per un tratto di avventura sarà l’unica vostra arma, rappresentano il più grande rimpianto che Tabata deve annoverare nella lista degli avvertimenti per i prossimi lavori: con tre sole magie, di lento uso e soprattutto di dubbia utilità se in possesso di armi con lama, l’anello poteva essere una delle armi più interessanti per sovvertire l’ordine naturale delle battaglie, ma si configura come un’occasione terribilmente persa, oltre che uno dei modi più facili per far impazzire la già problematica telecamera.

Una gondola a Venezia
Dicevamo della grandezza di Lucis, ma non meno caratterizzato è il resto del mondo che esploreremo nel lungo corridoio annunciato da Tabata: da Altissia, fino al ritorno a Insomnia, il team di Square-Enix non si dimentica di avere tra le mani un jRPG che deve mantenere lo stesso livello per entrambe le sessioni di gioco. Lucis è piacevole da vedere, in alcuni momenti avrete la possibilità di godere dell’orizzonte e di viste mozzafiato, sfruttando molte delle side quest che nascono proprio con l’intenzione di spingervi più in là del vostro naso, sia con le foto di Prompto che con le esplorazioni di dungeon e di alcuni ambienti altrimenti intoccabili, come i vulcani, le cripte e le foreste. Rispetto alla versione testata a fine agosto i miglioramenti si lasciano toccare e vedere, anche se la grandezza e la vastità del mondo costringe ancora qualche popup grafico che non va però a minare la qualità del prodotto finale. Gli aspetti che maggiormente inficiano la valutazione finale si annoverano nella realizzazione degli specchi d’acqua, per fortuna non tutti, e il funzionamento della telecamera. Il dinamismo del gameplay, infatti, è fin troppe volte contrastato da un utilizzo automatico scellerato della nostra visuale, che spesso si incastrerà in situazioni poco agevoli e che non ci permetteranno di capire cosa effettivamente sta accadendo attorno a noi: i momenti più caotici avverranno in aria, quando combatteremo degli avversari volanti, o anche quando decideremo di affidarci all’Anello, che in automatico metterà la telecamera in seconda persona, fissando il nostro volto piuttosto che quello dell’avversario. Problematiche che a lungo andare, a fronte delle sessanta e più ore che abbiamo passato in compagnia di Final Fantasy XV, fanno storcere il naso tanto quanto i muri invisibili della Regalia, limitando la libertà dell’esperienza finale. Per lo specchio d’acqua, invece, se all’inizio capiterà soltanto di storcere il naso per la gestione poco corretta dei riflessi, succederà che durante la pesca possa diventare abbastanza insidioso tentare di arrivare a dei pesci piuttosto che altri, dato che l’acqua non ha profondità e non si riesce a guardare più in fondo della superficie. C’è comunque da dire che gli specchi d’acqua non rappresentano un elemento di gameplay essenziale e che possono essere attraversati solo grazie al nuoto del Chocobo, pertanto le critiche non incidono eccessivamente sulla valutazione complessiva. D’altronde Eos si sviluppa in altezza e in profondità, sopra e sotto la terra, oltre che in larghezza, espandendosi in un ecosistema completo, che ripetiamo essere probabilmente il più grande proposto quest’anno. Il level design dei dungeon è variegato e riesce a offrire alternative che si staccano dall’eventuale ripetitività, offrendovi anche dei puzzle ambientali che magari non ci si aspetterebbe nelle visite a strutture concentriche basate per lo più su sfide intense e battaglie complesse. L’unico aspetto che ci sentiamo di non premiare del tutto è l’intricata e ricercata volontà di rendere difficilmente visitabile Altissia: sposando quel leitmotiv della passione per l’Italia, a più riprese sottolineato, Tabata ha voluto riprodurre in tutto e per tutto Venezia, creando però una struttura davvero complessa da esplorare e che troppo facilmente spinge verso l’imbocco del corridoio finale, sviluppato in maniera coerente con l’espediente narrativo, costringendovi a concentrarvi su quelli che sono gli sviluppi finali. Non temete, però, perché pur non essendoci il New Game +, al momento, sia alla fine della vostra avventura che prima di terminarla avrete l’occasione di recuperare l’open world di Lucis o la città di Altissia, a vostra scelta, evidenziando in queste due come gli unici posti visitabili nell’end-game.
Ad accompagnarvi in questa struttura complessa e ben realizzata, che cancella gran parte dei difetti evidenziati a livello grafico, oramai quattro mesi fa, c’è l’ottimo lavoro realizzato da Yoko Shimomura. Nobuo Uematsu è oramai un lontano ricordo della saga, ma dopo la poco memorabilità di Final Fantasy XIII, la Shimomura, che ci auguriamo si stia preparando per la degna conclusione di Kingdom Hearts III, ci propone un’ottima colonna sonora, nonostante la Regalia, e il lettore musicale portatile ci diano l’occasione di rievocare gran parte, ma non tutta, dell’opera magna di Uematsu. L’audio procede a seconda del momento, alternandosi tra le battaglie più epiche, accompagnate da un’immancabile coro solenne, a quelle più flebili, che comunque riescono ad aumentare il livello del ritmo e a esaltare qualsiasi momento topico. Non ci sarà una main theme indimenticabile, non passeremo i prossimi anni della nostra vita a canticchiare Suteki Da Ne, Melodies of Life, a immaginare un coro per Liberi Fatali o One Winged Angel, ma sicuramente la nostra avventura scorrerà piacevolmente verso il finale grazie a quanto scritto dalla Shimomura, che non sfigura assolutamente e non fa rimpiangere Uematsu, non più delle tre volte in cui l’abbiamo nominato in queste ultime righe.

…fonte SpazioGames