Mortal Kombat X

Quello dei picchiaduro sarà anche un mondo da sempre dominato dai samurai del Giappone, ma il rumore della cavalleria occidentale da qualche anno si fa sempre più assordante e lì, alla guida dell’armata, sono ben visibili i Netherealm, in sella a cavalli rosso sangue. Nonostante il genere sia ormai fin troppo pieno di titoli, l’ultimo Mortal Kombat e Injustice sono stati due successi commerciali, grazie a una spettacolarità senza precedenti e a un sistema di combattimento profondo ma nettamente più intuitivo rispetto agli esponenti nipponici. Dopotutto Mortal Kombat incarna la violenza nei videogiochi, esagerata ma innocua e in grado di essere un catalizzatore aggiunto per lo spasso.
In questo idillio di budella e plasma però non tutto è perfetto. I Netherealm hanno sempre subito la tecnicità dei fighting game made in Japan, e alcune scelte a livello di gameplay strettamente collegate al passato del marchio ci hanno fatto a lungo storcere il naso. Con Mortal Kombat X i nostri hanno promesso un capitolo capace di scalzare dal trono il suo predecessore e di buttarlo in una fossa piena di lava. Noi ci abbiamo giocato a lungo, consumandoci i polpastrelli sul pad, e oggi vi daremo il nostro verdetto.
Problemi di continuità? Chiedi a Quan Chi
Si inizia dallo story mode stavolta e non dal gameplay, poiché se c’è una cosa in cui i titoli Netherealm hanno sempre disintegrato la concorrenza questa è l’incredibile cura riposta nei contenuti singleplayer. Anche stavolta Mortal Kombat X offre una storia divisa in capitoli, con molteplici personaggi giocabili e un gran numero di cutscene, che scalza senza troppi problemi tutto ciò che è venuto prima. Solo un problemino: in Injustice le scene erano intervallate anche da qualche variazione sul tema, qua ci si limita a facili qte che poco aggiungono all’esperienza. Poco male, comunque, vista la qualità del tutto.
La trama è prevedibilmente fuori di testa e si ricollega direttamente all’ultimo capitolo, che aveva resettato la continuità in molti aspetti. Con Shao Khan sconfitto il nuovo nemico è Shinnok, un temibile avversario che metterà in pericolo la terra nell’arco di oltre 20 anni di storia, e che dovremo contrastare in un vortice di duelli, flashback, ed eroi non morti. Già, perché per risolvere svariati problemi di continuità a Netherealm hanno pensato bene di sfruttare le doti necromantiche di Quan Chi, riportando in vita buona parte del cast scomparso. Ha funzionato? Non proprio del tutto, e ci sono molti elementi che a nostro parere non si incastrano benissimo… tuttavia se c’è una storia per la quale è consigliabile spegnere il cervello e godersi il viaggio è proprio quella di Mortal Kombat, quindi non abbiamo storto il naso più di tanto.
Alla lunga campagna si aggiungono molte modalità, ma attenzione, perché ci sono state delle perdite piuttosto pesanti in questo ultimo capitolo. Assente ingiustificata ad esempio la torre delle sfide, che con le sue missioni di difficoltà crescente offriva uno stuzzicante modo di godersi il gioco in solitudine. Qui abbiamo le torri classiche, che offrono un arcade mode, scontri con i modificatori, un survival mode, una serie infinita di battaglie, o le prove di forza. Una volta giocate per un po’, ad ogni modo, ci si rende conto di come manchino dell’appeal della Challenge Tower. A sparire ci ha pensato pure la modalità tag, sbilanciata come poche ma sensata per darsele di santa ragione tra amici. Peccato.
Applausi invece per la Kripta, che è diventata una sorta di dungeon crawler intervallato da spaventi inaspettati e da oggetti necessari per aprire nuove zone. Gli sbloccabili in questo gioco sono tantissimi, e perderete ore tra le mappe a cercare tutti i costumi, le Brutality aggiuntive, i bozzetti e via così.
Colpire più forte
Avrete sicuramente notato il nome “Brutality”, citato poco sopra. Ecco, il ritorno di queste fatality alternative ci sembra adeguato per iniziare la discussione più delicata, ovvero quella legata al gameplay. Le Brutality sono solo una delle aggiunte al sistema, e hanno cambiato forma diventando versioni più rapide delle fatality, utilizzabili in chiusura di match se questi vengono vinti in modi specifici. Le variazioni al resto del sistema sono meno marcate all’apparenza, ma non si possono in realtà sottovalutare.
Praticamente invariato il target combo system, che si basa su brevi minicombo variabili e richiede l’inserimento completo degli input perché queste si leghino direttamente alle mosse speciali. È un sistema accessibile e funzionale, che basa le combo complesse sui rimbalzi ma sacrifica un po’ di varietà nelle possibilità offensive. Ormai è parte integrante dei picchiaduro Netherealm, e negli anni è stato reso meno legnoso: Mortal Kombat X è l’opera di Boon e compagnia dove funziona meglio, grazie a una velocità maggiore e a un rimaneggiamento completo del cast. La barra X-Ray torna a sua volta intonsa, e permette sia di eseguire le cattivissime super omonime che di interrompere le combo con due tacche, o di potenziare le mosse speciali con un singolo indicatore pieno.
La modifica più subdola è rappresentata dalla barra della stamina, visibile sotto ai punti vita. Questo elemento extra, oltre a governare alcune capacità speciali, limita gli scatti all’indietro, si consuma quando si utilizza la velocissima corsa in avanti, e rende leggermente più arduo guadagnare distanza per chi ama lo zoning. Parlando di zoning, il sistema è sempre piuttosto scellerato, con proiettili che non si incontrano, ma al di fuori di un paio di personaggi che possono risultare fastidiosi abbiamo notato molto più criterio nella gestione dei proiettili. Quasi tutti i combattenti restano scoperti quando abusano delle mosse dalla distanza, e sono tanti i mezzi per contrastarle donati ai combattenti meno efficaci da lontano.
Molto più evidente invece l’arrivo delle interazioni ambientali, viste in Injustice. Non sono state messe nei match alla carlona, sia chiaro, la loro efficacia è molto diminuita rispetto ad Injustice e i personaggi eseguono le stesse azioni di fronte ai vari oggetti interattivi. Utilizzare una di queste possibilità può essere rischioso, consuma stamina ed è di norma una scelta sfruttata per spostarsi da un angolo all’altro del ring con un balzo felino. Nulla che possa rovinare l’esperienza ai fanatici del competitivo.
Mille modi per morire
La vera, grande, novità è ovviamente rappresentata dagli stili, una trovata che cambia completamente l’approccio al gioco. Si può notare da subito un roster nettamente meno nutrito del solito in Mortal Kombat X, e la ragione è da ricercarsi nella possibilità di selezionare tre diversi “tipi” per ogni guerriero. Ogni stile aggiunge special e combo uniche al combattente, donandogli più efficacia in certe situazioni e portando il giocatore a mutare sensibilmente i propri piani durante una battaglia.
L’esperimento, secondo noi, è riuscito alla grande e dona una varietà impressionante ai vari protagonisti della serie, cambiati come mai prima d’ora e in grado di mettere in campo trucchetti di ogni tipo. Chiaro, a livello di bilanciamento il lavoro non è certosino, e già ora certe specializzazioni sembrano dannatamente più efficaci di altre, così come vi sono personaggi che si trasformano del tutto di stile in stile, mentre altri vantano variazioni meno secche. Eppure è difficile non esaltarsi quando si sfruttano i chiodi di Erron Black all’angolo per aumentare la pressione sull’avversario, si piazzano alcune botte brutali con la variante “posseduto” di Kenshi, o si sfruttano le spade di Scorpion per far partire una combo in sicurezza. Grazie agli stili e agli altri cambiamenti Mortal Kombat X è un titolo sensibilmente più piacevole da vedere, adrenalinico e vario del suo predecessore.
Questo lascia ben sperare per la vita del multiplayer, a sua volta da manuale, con una raffica di modalità brillanti. Il Re della Collina ad esempio è tornato in tutto il suo splendore, e permette ancora di vedere i match degli avversari, di votare, mostrare il proprio stato d’animo o addirittura di allenarsi tra una battaglia e l’altra. Sono poi presenti partite classificate, lobby dei giocatori con stabilità delle connessioni segnalate e percentuale che indica la probabilità di vittoria, match a squadre 3 contro 3, e una nuova curiosa aggiunta sotto forma di fazioni. A inizio gioco, infatti, dovrete selezionare un gruppo a cui giurare fedeltà, e i punti ottenuti con le vostre azioni, siano esse legate a obiettivi completati o a semplici match vinti, andranno ad aggiungersi al totale della vostra fazione. Vincere la guerra di fazioni, resettata ogni settimana, offre premi vari (che ancora non abbiamo potuto testare), e l’appartenenza a un team garantisce fatality aggiuntive. Una interessante idea, che dimostra come i Netherealm abbiano voluto forse stavolta concentrarsi di più sull’online che sul gioco in singolo. Ulteriore prova sono le Living Towers, varianti in rete delle torri classiche con modificatori e scontri rinnovati costantemente. Continuiamo a preferire la Challenge Tower classica, ma restano una gran bella trovata.
Ora però è il caso di smorzare leggermente l’entusiasmo e di parlare dei difetti del gioco, perché c’è altro al di fuori delle incrinature nel bilanciamento e delle modalità perse. Il netcode in primis, migliorato rispetto allo scempio del nono capitolo ma comunque ancora scarsino. Il lag è una costante in molte partite se non si ha una connessione di alta qualità e ci è capitato di affrontare alcuni match del tutto ingiocabili anche contro altri europei. Difficile dire se la situazione cambierà in futuro, ma siamo ancora lontani dai migliori netcode in circolazione.
L’altra mancanza è legata al roster. Se gli stili diversificano di molto le varie scelte, è anche vero che da Mortal Kombat X è il caso di aspettarsi un numero smodato di DLC. Sul serio, tralasciando il già annunciato Kombat Pack e la fastidiosa scelta di mettere Goro in pre-order, nella campagna sono presenti numerosi modelli di combattenti non giocabili che ci aspettiamo di vedere aggiunti man mano. Meglio di una strategia basata sulle riedizioni (Arc System e Capcom, parliamo con voi), ma comunque fastidioso.
Nulla da criticare invece per quanto riguarda il comparto tecnico, davvero spettacolare. Come abbiamo detto, da vedere Mortal Kombat è più adrenalinico, veloce e strabilante, il gore è più realistico, gli effetti lodevoli, le fatality assurde, e i match tra giocatori esperti sono fulminei e maledettamente eccitanti. Da applausi anche gli scenari, non molti ma davvero stupendi, e le animazioni, che pur mantenendo una leggera legnosità sono nettamente più fluide. Questo è un picchiaduro davvero bello, un rubino rosso sangue che merita di essere ammirato a lungo.  Qualche scatterello nella campagna ci ha infastidito, ma si è limitato alla conclusione dei match prima di una nuova cutscene e non è certo una situazione preoccupante. Da non sottovalutare infine il sonoro, che vanta finalmente doppiaggi in italiano decenti, ben lontani dallo scempio dell’ultima volta.

…fonte SpazioGames